Mandato d'arresto per Netanyahu, Salvini spacca il governo: "In Italia è il benvenuto". Ma Crosetto: "Se viene dovremmo arrestarlo"
Oggi alle 06:57 AM
Matteo Salvini sfida la Corte penale internazionale e spacca l’asse del governo sul mandato d’arresto per il premier israeliano Benyamin Netanyahu e il suo ex ministro della Difesa Yoav Gallant. “Conto di incontrare presto esponenti del governo israeliano e se Netanyahu venisse in Italia sarebbe il benvenuto. I criminali di guerra sono altri”, dice il vicepremier a margine dell'assemblea Anci. Una posizione diversa da quella del ministro Guido Crosetto e molto diversa da quella dell’altro vicepremier Antonio Tajani. "Non entro nel merito delle dinamiche internazionali – continua il leader della Lega – Israele è sotto attacco da decenni, i cittadini israeliani vivono con l’incubo dei missili e con i bunker sotto le case da decenni, adesso dire che il criminale di guerra da arrestare è il premier di una delle poche democrazie che ci sono in Medioriente mi sembra irrispettoso, pericoloso perché Israele non difende solo se stesso ma difende anche le libertà le democrazie e i valori occidentali", prosegue il leader della Lega. Che dunque attacca i giudici de L’Aja: “Mi sembra evidente che sia una scelta politica dettata da alcuni paesi islamici che sono maggioranze in alcuni istituzioni internazionali", ha sostenuto Salvini.
La linea di Crosetto, quella di Tajani –Una posizione, quella del vicepremier di Giorgia Meloni, incompatibile con quella del nostro Paese. L'Italia, infatti, è uno dei 124 paesi che riconoscono la giurisdizione della Corte penale internazionale. Dunque è tenuta a dare applicazione alle decisioni dei giudici de L’Aja nell'ambito del suo territorio: se Netanyahu si dovesse recare in Italia dovrebbe pertanto essere arrestato. Ecco perché Crosetto, pur contestando politicamente la decisione, ha avvertito: “Ritengo che la sentenza della Corte penale internazionale sia sbagliata ma se Netanyahu e Gallant venissero in Italia dovremmo arrestarli perché noi rispettiamo il diritto internazionale”, sono le parole del ministro della Difesa, subito dopo il mandato spiccato da L’Aja. Molto più prudente si è mostrato il titolare della Farnesina, Antonio Tajani, nel maneggiare un tema delicatissimo. In sostanza, la sentenza del Cpi inserisce Netanyahu e l'ex ministro della Difesa Gallant nell'elenco dei “most wanted” e l'Italia deve decidere se dare esecuzione all'eventuale arresto. Tajani prende tempo: “Noi sosteniamo la Cpi ricordando sempre che la Corte deve svolgere un ruolo giuridico e non un ruolo politico. Valuteremo insieme ai nostri alleati cosa fare e come interpretare questa decisione e come comportarci insieme su questa vicenda”, ha spiegato il ministro degli Esteri.
Pd: “Parli Meloni” –Le parole di Tajani non sono piaciute al Movimento 5 stelle che le ha definite “scioccanti e vergognose” perchè “confermano il disprezzo del governo Meloni per il diritto internazionale”. Tira in ballo la presidente del consiglio anche il Pd, coi capigruppo Chiara Braga e Francesco Boccia. “Dopo la sentenza della corte penale internazionale non sappiamo ancora quale sarà la posizione ufficiale del governo italiano sull’arresto di Netanyahu. Prima il ministro della Difesa Crosetto che dice ok all'esecuzione del mandato. Poi il vicepremier Salvini, che lo smentisce, e afferma che il capo del governo israeliano sarebbe il benvenuto nel nostro Paese. Presidente Meloni può dirci come si comporterà l’Italia? Seguirà il suo amico Orban che lo invita a Budapest? Chi è che decide della credibilità del nostro paese? Non è accettabile che in una fase così delicata per la politica internazionale il governo si esprima in modo così confuso e contraddittorio. È il momento che la premier faccia sentire la sua voce”, scrivono in una nota i vertici dei deputati e dei senatori dem.
Italia ha istituito la Corte –La decisione è complessa per il governo perchè sono ben 123 i Paesi che riconoscono la Corte penale internazionale, tra cui due dei cinque membri del Consiglio di Sicurezza dell'Onu: Francia e Regno Unito. L'Italia, oltre ad aver ospitato la Conferenza diplomatica che ha istituito la Corte penale internazionale nel luglio del 1998, è stato uno dei primi Paesi a ratificarne lo Statuto. Non a caso l'Alto rappresentante dell'Ue per gli Affari esteri Josep Borrell ha ricordato che gli Stati membri dell'Unione europea sono “vincolati” ad eseguire la sentenza della Corte.
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