Ruby ter, la Cassazione smonta le assoluzioni di Berlusconi e delle Olgettine: "La sentenza di Milano è viziata nell'intero ragionamento"

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C’è un “vizio che ha inficiato l'intero ragionamento” nella sentenza con cui il Tribunale di Milano ha assolto Silvio Berlusconi e le ex Olgettine nel processo Ruby ter. Lo scrivono i giudici della Cassazione motivando l’annullamento in blocco di quelle assoluzioni con rinvio degli atti alla Corte d’Appello, deciso accogliendo il ricorso presentato dalla Procura meneghina. Breve sintesi della vicenda: il 15 febbraio 2023 il Tribunale aveva scagionato l’ex premier (defunto pochi mesi dopo) dall’accusa di corruzione in atti giudiziari per aver pagato le giovani ospiti delle “cene eleganti” di Arcore, allo scopo di indurle a rendere falsa testimonianza nei processi Ruby 1 e Ruby 2. Secondo il collegio di primo grado, in quei processi le ragazze non avrebbero potuto essere ascoltate come testimoni, ma al più come indagate di reato connesso (quindi con l’assistenza di un difensore) perché a loro carico c’erano già indizi di un accordo corruttivo con Berlusconi: per questo – era la tesi – non avevano legittimamente assunto la qualifica di pubblico ufficiale, necessaria per integrare sia il reato di falsa testimonianza sia quello di corruzione. Per quanto basate su argomentazioni puramente formali, le assoluzioni erano state accolte dagli esponenti di Forza Italia come la dimostrazione del complotto delle toghe ai danni del loro leader, tanto da proporre il giorno stesso l’istituzione di una commissione parlamentare sull’uso politico della giustizia.

A ottobre però la Suprema Corte ha smontato quella sentenza, ordinando un nuovo processo sulle imputazioni di corruzione per atti giudiziari nei confronti di 22 imputati (tra cui Karima El Mahroug, in arte Ruby) e dichiarando prescritte quelle di falsa testimonianza. L’assoluzione è invece diventata irrevocabile nei confronti di Berlusconi, a causa del decesso intervenuto nel frattempo. Nella sentenza depositata il 20 gennaio, i giudici della Sesta sezione penale – presidente Giorgio Fidelbo, relatore Massimo Ricciarelli – scrivono che il ragionamento dei colleghi di Milano, seppure accettabile “su un piano astratto, non avrebbe potuto condurre nel caso concreto alle conclusioni cui il Tribunale è erroneamente giunto“. Il motivo, anche in questo caso piuttosto tecnico, è condensato in un paio di frasi: “Il delitto di corruzione in atti giudiziari, come più in generale il delitto di corruzione, postula l'acquisizione della veste di pubblico ufficiale da parte di uno dei soggetti dell'illecito accordo. Prima di tale momento il delitto di corruzione non è configurabile, cosicché non sono configurabili neppure indizi che possano assumere rilievo pregiudicante”. Tradotto: non è possibile, come sostiene il Tribunale, che le Olgettine potessero essere “indiziate” di corruzione in atti giudiziari prima di assumere la qualifica di testimoni, semplicemente perché quella qualifica è indispensabile per far esistere il reato.

Quindi, spiega la sentenza, al momento in cui le ragazze hanno assunto formalmente il ruolo di pubblici ufficiali (cioè il 23 novembre 2011, quando fu dettata l’ordinanza di ammissione nelle prove nel processo Ruby 1) “risultava impossibile dar rilievo ad un quadro indiziario pregiudicante, posto che solo a seguito dell'acquisizione della qualità avrebbe potuto ravvisarsi il delitto di corruzione, l'unico in relazione al quale sono stati individuati dal Tribunale indizi di reità, tali da incidere sulla veste assunta dalle testimoni ammesse”. Per questo “risultaerronea” la tesi seguita dal collegio milanese, “volta a dare rilievo ad elementi indiziari prima che le odierne imputate avessero assunto nei processi Ruby 1 e Ruby 2 la veste di pubblico ufficiale”: la tesi tesi infatti è “destinata a sovradimensionare la rilevanza di elementi in realtà radicalmente inidonei a corroborare qualsivoglia ipotesi di reato, da reputarsi in concreto pregiudicante”. Infatti, “se è vero che il Tribunale ha dato conto di accordi destinati ad attuarsi nel tempo attraverso plurime dazioni di denaro e di altre utilità da parte del soggetto corruttore, è vero anche che l'assunzione della veste di pubblico ufficiale doveva costituire il prius logico”, la premessa logica, “perché il quadro indiziario, avente ad oggetto la conclusione di quel tipo di accordi, potesse, almeno in teoria, incidere sulla posizione dei soggetti chiamati a testimoniare, al punto da confliggere con l'acquisizione della qualità”.

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