Superintelligenza e tempo liberato: un'arma a doppio taglio se non impariamo a dialogare
01/04/2025 03:04 AM
Pochi giorni fa, Geoffrey Hinton, uno dei padri dell'AI e premio Nobel, ha alzato il dito per l’ennesima volta, gridando all’estinzione dell'umanità in seguito all'arrivo della superintelligenza artificiale. Carlo Galli, su Repubblica del 30 dicembre, avvisa che la “tecnodestra supercapitalista” è pronta a vincere. Sarà, ma mentre gli oracoli di sventura lanciano ammonimenti, la conoscenza rischia di finire nelle mani di pochissimi, lasciando tutti gli altri al buio.
Con una metodologia improbabile, Hinton calcola probabilità della nostra estinzione (secondo lui fra il 10% e il 20%), ma l'AI è già presente nelle nostre vite, invisibile e onnipresente, un po' come il WiFi: invisibile, ma essenziale. E qui arriva la proposta di Susanna Sancassani, responsabile del centro per l'innovazione dell'apprendimento del Politecnico di Milano (METID), lanciata sui social pochi giorni fa: invece di temere l'ennesima catastrofe, potremmo riconoscere che la "macchina dell'efficienza perfetta", frutto di spinte liberiste, è diventata il più potente strumento per l'apprendimento profondo e durevole di massa. L'intelligenza artificiale generativa allora potrebbe essere la nuova frontiera di un sapere condiviso. Non a caso, uno dei primi ambiti di applicazione sono proprio le scuole e i contesti della formazione.
Lo spazio vuoto che ci fa paura
La verità scomoda per i profeti di sventure è che l'AI ci costringe a fare ciò che gli ideologi di ogni tempo hanno temuto: l'emergere di un autentico dialogo interiore. Oggi, quando deleghiamo alle macchine competenze e calcoli, ci rimane lo spazio vuoto per chiederci chi siamo e cosa vogliamo diventare. E questo fa più paura della "ribellione dei robot", ammesso che mai arriverà.
Non è la piccola rivoluzione cui aspirano i transumanisti, ma quella intrinsecamente umana alla portata di ognuno di noi, sempre che lo vogliamo. I transumanisti predicano fusioni cervello-chip e sogni cibernetici, ignorano che la nostra forza è il dialogo — tra noi umani e con noi stessi. Qui si annida la vera rivoluzione: mentre l'AI fa i suoi calcoli, noi possiamo fare i conti con la nostra coscienza.
Non è l’estinzione dell’umanità a preoccupare: l'umanità ha affrontato questi rischi continuamente dall'inizio della sua preistoria e, finora, con successo. Semmai, proprio dall'AI possono arrivare contributi indispensabili per affrontare sfide come i cambiamenti climatici e altre che impongono un cambio di paradigma.
Il vero rischio è perdere la capacità di dialogare tra umani in modo autentico e non artificiale, se di fronte al tempo liberato lo occupiamo drogandoci di tecnologia e sostanze dopaminergiche. Perché pensare, guardare la nostra faccia al mattino nello specchio per come è, può far paura. Ma è anche l'unica via d'uscita.
Abbiamo un’occasione straordinaria per potenziare la nostra umanità e colmare la distanza tra ciò che siamo e ciò che potremmo essere. Un passo che possiamo fare se smettessimo di ascoltare i piccoli incompetenti che scrivono sui “grandi” media, ancora ignari della loro fine imminente. La nostra pure, forse. Ma in questo "forse" c’è l'oceano che Colombo aveva di fronte salpando per le Indie e scoprendo l'America a sua insaputa.
Il viaggio quotidiano verso l'ignoto
Certo. Non sappiamo la destinazione di questo nuovo viaggio, ma ognuno di noi, quando si alza al mattino, ignora cosa accadrà nel caos di ogni giorno.
Abbiamo una possibilità: percorrere il sentiero verso l'ignoto, con lo stesso orgoglio e consapevolezza di Zenone in *L'opera al nero* di Marguerite Yourcenar, descrivendo quel "moto d'orgoglio all'idea di appartenere a quell'industre e inquieta razza di uomini che addomesticano il fuoco, trasformano la sostanza delle cose, e scrutano le vie degli astri". È questo fuoco sacro — la conoscenza di noi stessi, prima ancora che dei codici e degli algoritmi — che dobbiamo difendere dalle prediche apocalittiche che hanno come esito di alimentare la depressione e l'impotenza.
In fondo, la tigre del tecnocapitalismo sa già bene cosa fare: tocca a noi muovere i primi passi e addomesticarla. È possibile? Non è detto, ma è impossibile rinunciare a provarci se non partiamo da quell'elemento di cui nessuna AI può derubarci: il dialogo umano. Quello che nessuno ci può portar via, a meno che siamo noi a permetterglielo.
Ma Zenone non sarebbe d'accordo.
L'articolo Superintelligenza e tempo liberato: un’arma a doppio taglio se non impariamo a dialogare proviene da Il Fatto Quotidiano.