Bolzano, i quattro vescovi che ignorarono o coprirono gli abusi. Mai rimosso il prete prescritto per cui la Curia ha risarcito

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Ipocriti consigli per terapie psichiatriche, inutili trasferimenti di parrocchia in parrocchia, incomprensibili assegnazioni in scuole come catechisti o come preparatori alla Cresima, pressioni su chi chiedeva ascolto, inspiegabile convinzione dell’innocenza anche di un condannato, benché prescritto. Sono quattro i vescovi e quattro i vicari le cui condotte – perlopiù inazioni a dire il verso – vengono analizzate nel rapporto della Diocesi di Bolzano e Bressanone sui i casi di sacerdoti pedofili che per anni, in alcuni casi decenni, hanno potuto indisturbati palpeggiare, spogliare, abusare di bambini, bambine o giovanissime donne.

I relatori dell’indagine, elaborata dallo studio legale Westpfahl-Spilker-Wastl di Monaco di Baviera, dopo aver studiato caso per caso contestano al vescovo Joseph Gargitter, che ricoprì la carica dalla fondazione (1964) al 1986, “una condotta erronea e/o quantomeno impropria nella gestione” in sette casi. dimostrando “indifferenza per le esigenze dei fedeli”, evitando in un caso specifico qualsiasi “intervento mirato né, quantomeno, si adoperò affinché esso venisse disposto al fine di prevenire, per quanto possibile, ulteriori abusi del sacerdote su minori”. Diventando “corresponsabile” delle violenze ulteriori arrivate nel corso degli anni. A Wilhelm Egger viene contestato di essere stato ostile nei confronti di chi segnalava abusi e di non aver adottato provvedimenti. Viene riconosciuto a Karl Golser di essere stato in carica solo tre anni e di essersi ammalato e per questo aver affidato i due casi contestati al vicario. A Ivo Muser, attuale vescovo cui si riconosce uno “sforzo sincero volto a migliorare e possibilmente ottimizzare l'approccio nei confronti delle persone offese”, si contestano otto casi. Muser e il vicario generale Eugen Runggaldier “hanno ammesso senza se e senza ma i propri errori. È proprio questa la cultura dell'errore che ci si dovrebbe auspicare anche per il futuro, essendo l'unico modo per ottimizzare progressivamente il sistema di prevenzione e quindi evitare futuri abusi e coinvolgimenti di persone” scrivono i relatori.

Joseph Gargitter (1964-1986) – Nessuna azione nei confronti di un sacerdote, già segnalato per i suoi comportamenti, che poté abusare una ragazzina di 11-12 anni: violenze confessate dall’autore solo decenni più tardi. Senza contare che all'inizio degli anni 2020, una persona segnalava al Centro di ascolto della Diocesi di Bolzano-Bressanone di avere subito abusi dallo stesso a scuola. Il prete avrebbe accompagnato in macchina lei e altre allieve fino a casa, negli anni Sessanta, approfittandone per toccarle nelle parti intime. La mancanza di provvedimenti innesca una “corresponsabilità in ulteriori abusi“.

C’è poi il caso del palpeggiatore seriale che ebbe un colloquio con il vescovo ma continuò a insegnare in una scuola elementare fino alla fine degli anni Novanta, diventando poi parroco responsabile di diverse parrocchie a metà degli anni 2000. Al prete pedofilo, cui i genitori contestavano almeno sette casi di molestie su bambini tra i 7 e 12 anni, l'allora vicario generale Josef Michaeler consigliò di rivolgersi a uno psichiatra per le sue "difficoltà". Nel corso del tempo fu trasferito 10 volte e in sette casi emersero accuse di abusi. Gargitter continuò a lasciare il sacerdote in servizio nella pastorale, affidandogli anche incarichi nel contesto dell'insegnamento della religione nelle scuole, nonostante le continue accuse provenienti da più parti. Il vescovo – dopo la controversa assoluzione – in un altro caso reintegrò un prete nel servizio scolastico. L’uomo morì alla fine degli anni 2010. Solo pochi giorni prima del suo decesso era arrivata una segnalazione al Centro di ascolto. Una persona offesa aveva riferito di abusi commessi dal sacerdote, verificatisi a suo dire nei primi anni Settanta e secondo lo stesso schema dei casi su cui si era fondato il procedimento penale. Per i i relatori: “Nonostante l'assoluzione, infatti, non potevano essere escluse, con la necessaria sicurezza, eventuali ulteriori molestie del sacerdote sulle alunne, stanti le dichiarazioni effettivamente rilasciate da una molteplicità di testimoni. Il vescovo Joseph Gargitter avrebbe pertanto commesso l'errore di non considerare la vicenda da un'ottica ponderativa e di non avere nemmeno evidentemente valutato l'adozione di misure di sicurezza”.

In un altro caso, con vittima una bimba di quarta elementare, “nel fascicolo sul sacerdote è possibile evincere che sulla madre della bambina ci sarebbero state pressioni della Curia vescovile volte a indurla a relativizzare le molestie e non approfondire ulteriormente la questione. Il sacerdote continuò a operare sia come parroco che come insegnante (di religione). Nel corso del suo operato venivano mosse contro di lui ulteriori accuse di abusi che vedevano coinvolti minori”. Ci sono poi i casi del sacerdote che venne spinto al ricovero, ma che fuggì tornando alla sua parrocchia: non risultano altri provvedimenti. Il prete che invece “si intratteneva regolarmente a bordo della propria automobile nei pressi della stazione ferroviaria alla ricerca di giovani per scopi illegali” era stato proposto all'autorità scolastica di Bolzano perché lo impiegasse “come catechista in una scuola. Il sacerdote veniva infine allontanato dalla sua parrocchia di allora e nominato assistente religioso presso il Centro Pastorale di Bolzano, in cui parallelamente si occupava anche della preparazione alla Cresima”.

Wilhelm Egger (1986 – 2008) Sono sei i casi analizzati durante il mandato dell’alto prelato. Il sacerdote accusato di molestie era stato ascoltato dal vicario generale
Josef Michaeler, per poi essere semplicemente trasferito. La Curia veniva subissata di lamentele e accuse che venivano accolte quasi con ostilità dai vertici. “Dall'esame generale del fascicolo emergono accuse di abusi sollevate in sette delle sue dieci sedi di incarico e interessanti un numero cospicuo di minori. Nei confronti del sacerdote furono altresì sollevate accuse di abusi sessuali su due donne maggiorenni”. Eppure nessuna indagine fu avviata, nessun provvedimento preso.Il vescovo “permise al sacerdote (inutilmente sottoposto a terapia psichiatrica, ndr) di continuare a operare nella pastorale nonostante le ripetute e gravi accuse mosse nei suoi confronti e senza prendere misure idonee a prevenire nuove possibili molestie sessuali a danno dei minori”. “Nell'opinione dei relatori, le azioni del Vescovo non sono dunque in linea con l'immagine che la Chiesa si prefigge di avere, improntata alla cura dei bisognosi e degli oppressi. Questa visione avrebbe dovuto obbligarlo non solo ad alleviare le sofferenze esistenti, ma anche ad assicurarsi che non ne venissero arrecate di nuove, come invece è effettivamente accaduto con le ulteriori molestie sessuali messe in atto dal sacerdote”.

Tra i sei casi quello che risulta ancora più impressionante riguarda il caso del prete abusatore, che insegnava, e che celebrò i funerali di un giovane docente che era considerato una sua vittima. Gli fu soltanto sconsigliato di farlo. Nessun altro provvedimento. Durante una visita pastorale il vescovo raccolse soltanto le proteste dei parrocchiani, ma non fece nulla. Le lettere che avrebbe scritto il sacerdote pedofilo per scusarsi per i suoi errori non sono state trovate o rese pubbliche: fu avviata un’inchiesta della procura ma gli esiti non sono noti. Infine a “metà degli anni 2000, stando alle testimonianze, un parrocchiano si sarebbe rivolto al vicario generale Josef Michaeler, all'epoca non più attivo in queste funzioni. Chiedeva notizie sul caso del sacerdote con l'intento di scrivervi nell'ambito di una tesi di laurea. Il Vicario generale Josef Michaeler avrebbe ricevuto lo studente, ma l'atmosfera della conversazione si sarebbe ben presto surriscaldata e lo studente sarebbe stato minacciato di vedersi il futuro rovinato, se non avesse interrotto quelle sue ricerche”.

C’è poi il caso del sacerdote che era stato condannato e fu rimosso dagli incarichi, ma Egger “ometteva di informarne la Congregazione per la Dottrina della Fede con una segnalazione invece prescritta in siffatti casi. Né disponeva l'avvio di un procedimento penale interno alla Chiesa, a giudizio dei relatori invece dovuto, e sebbene a loro parere un tale intervento fosse comunque necessario ai sensi delle vigenti norme del diritto penale canonico universale”.

Karl Golser (2008 – 2011)Due i casi individuati dai relatori. Il vescovo, che era malato, delegò la gestione a Josef Matzneller. Per questo la “condotta erronea e/o quantomeno impropria nella gestione del caso, collocabile tuttavia nel livello più inferiore dei possibili gradi di responsabilità”. Fu inoltre Golser a istituire in particolare nel 2010 il Centro diocesano di ascolto.

Vescovo Ivo Muser (2011 – oggi) – Sono otto i casi contestati all’attuale vescovo (nella foto) che ha comunque avviato il meccanismo che ha portato alla redazione del rapporto. Tra questi quello di avere mantenuto operativo un sacerdote condannato in appello e prescritto in Cassazione. Quella prescrizione permise alla vittima di ottenere un maxi risarcimento nel 2013. Per i relatori: “Sin dall'avvio delle indagini … e per tutta la durata dei processi e delle trattative di conciliazione, il sacerdote aveva continuato ad operare nella pastorale senza essere sottoposto ad alcuna forma di vigilanza. Anche dopo la conclusione dell'accordo di conciliazione, e malgrado e diverse raccomandazioni della Congregazione per la Dottrina della Fede, il sacerdote continuava ad essere operativo nella pastorale, fino almeno alla stesura finale del presente rapporto, senza essere sottoposto a restrizioni né a vigilanza sul proprio operato”. In questo caso il vescovo, tra le altre cose, ha dichiarato ai relatori: “Di essere convinto sia del fatto che la persona offesa abbia subito gravi abusi e sia anche del fatto che il sacerdote non sia colpevole”. Un altro episodio riguardava la segnalazione di un sacerdote che aveva molestato in doccia una 13enne, al vicario generale Eugen Runggaldier il prete aveva dichiarato che le accuse erano diffamatorie. Il vescovo informato però non aveva adottato nessuna misura, né avviato un’indagine.

Durante la conferenza stampa di presentazione del rapporto Muser ha dichiarato: “Abbiamo bisogno di un cambiamento di mentalità, di una nuova cultura di vicinanza. Per questo oggi non si chiude un cammino, ma è un primo passo all'interno di questo cammino. Mi auguro all'interno della chiesa, delle nostre parrocchie, della nostra società, un profondo cambiamento di mentalità: bisogna prendere sul serio le vittime e il loro dolore. Prendere sul serio questa terribile ferita che c’è all'interno della nostra chiesa e della società. Ogni caso è un caso di troppo. Mi colpisce il fatto che dobbiamo imparare questa vicinanza, prendere sul serio il dolore del singolo, di ogni vittima, ed ascoltare bene le storie che ci vengono raccontate”. E dopo aver ascoltato, magari agire di conseguenza.

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