Il governo rinnova il contratto dei ferrotranvieri aumentando il gasolio, ma Santa Accisa non risolve tutto

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Il recente aumento del gasolio e il riallineamento della benzina garantiranno all’Erario 1,1 miliardi di maggiori entrate. Vengono così deluse le promesse elettorali di tagliare il costo dei carburanti italiani, tra i più cari d'Europa. Basti pensare che sono stati venduti nel 2024 quasi 28,8 miliardi di litri di gasolio e 12,3 miliardi di litri di benzina. Con un aumento di 5,55 centesimi per il gasolio e una riduzione equivalente per la benzina.

La "manovrina economica" non sarà a costo zero, perché il gasolio venduto è molto maggiore della benzina. L’aumento del gasolio non servirà a scoraggiare l’uso di Tir e automobili ma ad aumentare i prezzi delle merci trasportate, mentre l’uso delle automobili a benzina aumenterà visto il leggero ritocco all’ingiù e che il trasporto pubblico locale (tpl) rimarrà in crisi e con meno autisti nonostante il rinnovo del contratto.

Il Governo Meloni, varando il riordino delle accise sui carburanti, renderà di fatto il gasolio più caro e la benzina meno cara.

Come sempre, nei momenti di maggior difficoltà economica dei Governi, Santa accisa aiuta magicamente i dossier più caldi che l’Esecutivo di turno non sa come risolvere. Questa volta ad essere finanziato è stato il contratto dei 100mila autoferrotranvieri il cui costo del rinnovo ammonta a circa 500 milioni. Un esecutivo senza coraggio non ha cercato le risorse nella spending review, dove "alloggiano" nel bilancio statale quasi 50 miliardi di sprechi pubblici. Una operazione utile ed educativa che avrebbe dato un forte impulso alla crescita, con positivi effetti redistributivi.

Non è la prima volta che con l’accisa si risolve il problema del contratto dei ferrotranvieri. Era il 2003 quando, in pieno "federalismo del tpl" Regioni, Comuni, aziende di tpl e sindacati ottennero un aumento dell’accisa per rinnovare il contratto e far cessare gli scioperi selvaggi che avevano invaso mezza Italia. L’accisa sui carburanti consumati da auto e Tir, dunque, serve per sostenere economicamente il tpl e alimentare il Fondo Nazionale dei Trasporti.

Sono state trasferite tutte le competenze del tpl alle Regioni da quasi 30 anni e anche un bel “malloppo” di 5,3 miliardi/anno. Stanziamento vissuto come una rendita. La perdita di valore del Fondo in termini reali è stata compensata dalla riduzione dei km/autobus e dalla copertura degli autisti mancanti con le – meno costose per le aziende – ore di prestazione straordinaria e quindi dai minori costi di gestione. Cifra non aggiornata all’inflazione di questi anni, ma con aziende (pubbliche e private), Regioni e Comuni che aspettano la crescita dei contributi pubblici senza migliorarsi sul piano dell’organizzazione, della manutenzione dei mezzi e della gestione dell’offerta di bus, tram e filobus.

A parità di contributi pubblici sono nettamente diminuite le corse, es. Atm ne ha tagliate in un anno ben 430mila. Le aziende "sonnecchiano" protette dalle loro concessioni monopoliste, organizzano i tagli con il consenso di Regioni, Province o Comuni. Perdono passeggeri e il tpl diventa sempre più marginale e il mezzo privato continua a farla da padrone, ai danni della qualità della vita delle città sempre congestionate e inquinate dai gas di scarico. Operai, tecnici e autisti sono sempre meno affezionati al lavoro, a causa dei bassi salari e a turni e orario di lavoro inaccettabili, in particolare per i nuovi assunti.

La produttività del tpl italiano è inferiore del 20% a quella dei maggiori Paesi europei. La gestione "politica" del tpl e delle cariche manageriali delle aziende (alti salari e la scarsa responsabilità) ha fatto sì che il sistema implodesse nel silenzio generale. Protestano invano cittadini, utenti e pendolari che sì vedono ridurre le frequenze (quantità) delle corse e diminuire così la qualità complessiva dei servizi. Sapere che all’occorrenza c’è Santa accisa, la ritrosia a qualsiasi cambiamento, le proroghe delle già lunghe concessioni ha mortificato il tpl.

Una cosa è certa: nonostante il rinnovo del contratto, la conflittualità nel settore non diminuirà.

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