"Nostro figlio non si è suicidato": il mistero sul whistleblower di OpenAi trovato morto a Los Angeles

https://st.ilfattoquotidiano.it/wp-content/uploads/2024/12/14/Suchir-Balaji-1050x551.jpg

La famiglia di Suchir Balaji, l'ex ricercatore e whistleblower 26enne di OpenAI trovato morto nella sua abitazione a Los Angeles lo scorso 26 novembre, non ritiene attendibile la versione ufficiale fornita dalla polizia locale sul decesso, classificato come un suicidio, e chiede all'Fbi di avviare un'indagine federale per stabilire le cause di quello che suppone essere stato un "omicidio a sangue freddo".

La richiesta avanzata dalla famiglia nasce dalla convinzione che la polizia di San Francisco stia conducendo un'indaginesuperficiale e non possieda le capacità di condurre un'analisi approfondita su un caso riguardante questioni come la sicurezza informatica e la protezione dei whistleblower. Ma le circostanze della morte di Balaji, descritto dai genitori come una persona priva di turbamenti e in un momento personale molto positivo, hanno insospettito fin da subito i genitori.

Sono queste le ragioni che hanno portato Poormina Rao, madre del 26enne, ad esporsi pubblicamente attivando una campagna sui social che chiede giustizia per il proprio figlio. In un post pubblicato su X il 29 dicembre in cui sono stati taggati i futuri membri del governo Usa Elon Musk e l’imprenditore tecnologico indo-americano Vivek Ramaswamy, Rao ha dichiarato di aver ingaggiato un investigatoreprivato che ha svolto un secondo esame autoptico sul corpo di Balaji e condotto delle indagini nell'abitazione dove si è consumato il decesso. Quanto emerso – precisa Rao – "non conferma" le conclusioni della polizia. È inoltre emerso che l'appartamento del giovane è stato "saccheggiato" e sono stati rinvenuti inoltre dei "segni di colluttazione nel bagno" che secondo la famiglia sono collegati ad un caso di omicidio mirato.

Balaji aveva iniziato a lavorare per OpenAI come ricercatore nel 2020 per poi abbandonare la società ad agosto del 2024 a causa dell'emergere di divergenze sulle politiche interne dell'azienda. In particolare Balaji aveva denunciato pubblicamente le presunte violazioni delle leggi sulla proprietà intellettuale commesse dall'azienda nell'ambito dello sviluppo e addestramento di alcuni chatbot come ChatGPT a cui aveva lavorato. Secondo quanto emerso negli scorsi mesi attorno alla figura di Balaji, si ritiene che lo stesso fosse in possesso di informazioni cruciali e documenti "utili e pertinenti" sulle cause legali che OpenAI sta affrontando in merito al proprio modello di business. Fra le diverse entità in causa contro OpenAI figurano anche alcuni quotidiani fra cui il New York Times che ritiene la società di Sam Altman responsabile insieme a Microsoft per "miliardi di dollari di danni" legati "alla copia e all'utilizzo illegale" del lavoro del giornale.

Dopo aver abbandonato l'azienda Balaji aveva iniziato a rendere pubbliche le proprie motivazioni cercando di divulgare al pubblico i punti più oscuri e controversi dietro allo sviluppo dei modelli di intelligenza artificiali generativa che lo avevano convinto ad interrompere la propria carriera professionale. Pochi giorni prima della sua morte, nel suo blog definiva il nuovo modello di internet che si stava formando con l'intelligenza artificiale "non sostenibile" nel suo complesso e basato sulla creazione di "copie di dati protetti".

L'articolo “Nostro figlio non si è suicidato”: il mistero sul whistleblower di OpenAi trovato morto a Los Angeles proviene da Il Fatto Quotidiano.

img

Top 5 Serie A

×