Sempre costoso e altrettanto inutile: la nuova governance italiana del rugby alle prese col carrozzone Zebre Parma
Oggi alle 03:16 AM
Cambiano i governi, restano i solitiproblemi: il rugby italiano non riesce a trovare una soluzione valida per la sua seconda franchigia nello United Rugby Championship (URC), il campionato europeo. Nessuno vuole le Zebre, o almeno non abbastanza. Il club sembra destinato a rimanere a Parma, sempre sul groppone della Federazione, con ancora meno risorse a disposizione.
UN BUCO NERO DI RISULTATI E RISORSE PUBBLICHE – Le Zebre sono uno dei grandi temi irrisolti del nostro rugby. L'Italia ha fortemente voluto la seconda franchigia nella vecchia CelticLeague, il campionato a cui abbiamo dato vita insieme a Galles, Irlanda, Scozia e adesso anche Sudafrica. Ma a differenza di Treviso che qualche risultato l'ha conquistato (specie negli ultimi tempi), le Zebre di Parma – che sono di fatto a partecipazione pubblica se così si può definire la Federazione che ne è proprietaria – si sono rivelate un'autentica armata Brancaleone: dalla fondazione nel 2012 hanno raccolto 9 ultimi posti su 12 edizioni, rivelandosi in compenso un buco nero di contributi, un carrozzone dove accasarsi e strappare il posto fisso. Periodicamente si riparla di privatizzazione, che a un certo punto era anche stata fatta, salvo poi dover tornare al controllo federale visto il rischio di fallimento (che non possiamo permetterci a livello internazionale). Anche l'ultimo tentativo non è andato benissimo.
UNA SOLA OFFERTA (FORSE INSUFFICIENTE) – A dicembre la Federazione ha pubblicato una manifestazioned'interesse per la cessione del club. Sembrava potesse farsi avanti il PetrarcaPadova, una delle squadre più importanti della Serie A, che però era interessato solo al titolo sportivo: avrebbe fatto un pensierino a salire in URC con la propria società, non ad acquisire quella esistente delle Zebre. Condizione che la Federazione non poteva accettare, dovendo tutelare l'infrastruttura (e i posti di lavoro). Un'offerta alla fine è arrivata, da Parma, sede attuale della franchigia, in particolare da un gruppo di imprenditori già partner del club. Ovviamente il contenuto è riservato, ma da quanto dichiarato dalle parti in causa pare che la proposta non raggiunga gli standard molto impegnativi fissati dalla Fir per garantire la sostenibilità a lungo termine. La decisione finale spetta al consigliofederale, che si riunirà il 7 febbraio. Stando così le cose, difficile pensare che l'offerta possa essere accettata (se non rispetta i requisiti ci sarebbero anche dei rischi legali). Sostanza: è probabile che non cambierà quasi nulla, le Zebre rimarranno a Parma, grosso modo nell'assetto attuale, cioè col controllo federale e una partecipazione minoritaria privata, solo in percentuali differenti.
LA PROMESSA DEL NUOVO PRESIDENTE: SMANTELLARE IL CARROZZONE – Il problema è che il nuovo presidente AndreaDuodo, uno dei pochissimi sfidanti a farcela nella tornata elettorale delle Federazioni (ma non certo un outsider: proviene dal mondo Benetton), è stato eletto proprio con la promessa di smantellare il carrozzone Zebre, o comunque ridimensionarlo. Il movimento – soprattutto le società del nord – sono da sempre insofferenti nei confronti della franchigia, che ha sottratto interesse e soprattutto risorse al campionato di Serie A, che ha perso competitività e appeal dall'avvento della CelticLeague. Anche lui, come i suoi predecessori, si è scontrato con la realtà. Dovendo comunque rispettare il programma, l'esito del bando probabilmente si tradurrà in una riduzionedelle risorse per le Zebre, risparmiando magari un paio di milioni rispetto ai 6 che ne brucia attualmente (la Benetton, invece, ne prende 4,8), tagliando i costi e gli stranieri.
IL FINALE DELUDENTE, SENZA CORAGGIO NÉ VISIONE – È comunque la soluzione più modesta possibile. La più funzionale, probabilmente, sarebbe stata portare anche la secondafranchigia in Veneto, ma non si sono create le condizioni. Quella suggestiva, invece, il trasloco a Roma, dove c'è un problema di strutture e risorse, chiaramente non è un progetto che si fa dall'oggi al domani, servirebbe l'appoggio delle istituzioni, ma sarebbe anche l'unico modo per uscire dal triangolo d'oro veneto che rappresenta la storia del nostrorugby, e cercare quel salto di qualità che il movimento non farà mai fino a che resterà ancorato a una dimensione regionale. Invece le Zebre rimarranno a Parma, cittadina senza tradizione, dove ricordiamolo si trovano per l'unica ragione che nel 2012, quando si pose la questione, l'ex presidente federale era originario di lì. Già poco competitive, avranno ancora meno soldi a disposizione. L'idea è farne una franchigia di sviluppo, destinata ai talenti italiani (quelli che ci andranno, perché i migliori continueranno a fare esperienze all'estero o alla Benetton), in un contesto però che rischia di essere molto poco competitivo (gli altri avranno un budget medio di 15 milioni, qui 6-7) e quindi neanche formativo. Con l'obiettivo di galleggiare, lanciare qualche giovane, sperando di non rimediare troppe figuracce. Questa è la seconda franchigia che il rugby italiano oggi come oggi è in grado di esprimere.
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