Vanni Sartini, allenatore comunista negli Usa di Trump: "Non andrei mai in Arabia, lì non si rispettano le donne"
Oggi alle 03:29 AM
Dopo quattro stagioni in Major League Soccer, il massimo campionato di calcio nordamericano, il mister fiorentino Vanni Sartini si trova senza squadra. Continua a vivere a Vancouver, dove con i Whitecaps ha conquistato tre volte di fila la coppa nazionale canadese. Userà queste settimane per andare a Palm Springs dove tutte le squadre della lega vanno in ritiro e per girare l’Europa ad aggiornarsi professionalmente. Ha voglia di tornare presto in una panca, aspetterà che si muova qualcosa. In MLS ci sono meno esoneri di allenatori rispetto all’Italia, ma anche lì la tendenza sta cambiando, l’anno scorso ce ne sono stati 11 su 29.
In nord America rimane diverso il ruolo dell’allenatore?
“Sì, principalmente per tre motivi. Uno: il mercato interno dei calciatori è ingessato per via del salary cap e delle regole sui roster, per cui un coach deve per forza lavorare sui giocatori che ha in rosa. Due: in un campionato senza retrocessioni, puoi lottare per le tue idee nel medio e lungo termine, perché solitamente non ti mandano via dopo due sconfitte. Tre: le grandissime distanze e il calendario fitto, soprattutto in estate dove c’è meno concorrenza con altri sport, non ti fa allenare molto in campo, quindi non si lavora tanto sulla duttilità tattica della propria squadra, ma su pochi e chiari principi di gioco”.
C’è molto entusiasmo per il calcio?
“Gli stadi sono pieni e a Vancouver mi fermano in continuazione per un selfie. Il problema è con i contratti tv, l’appassionato segue solo la propria squadra e magari i campionati esteri”.
Il 22 febbraio inizia le regular season. Chi vede tra i favoriti?
“Miami vorrà rifarsi visto che l’anno scorso non è riuscita a vincere il campionato. L’incognita maggiore è l’allenatore, via Tata Martino, è arrivato Mascherano che però non conosce il campionato. Poi ci sono le due squadre di New York che spendono sempre molto. A ovest le due di Los Angeles, ma devono stare attente a Seattle, che ha fatto un buon mercato”.
Calciatori?
“Messi è Messi, quando gioca certamente incide, ma sente l’età, per via del ritmo della MLS non può giocare 34 partite. Dà il massimo sui 20 minuti. Gli italiani faticano sempre, come Giovinco non è più arrivato nessuno, ma quelli erano altri anni”.
Lei non ha mai avuto paura di schierarsi politicamente.
“Negli ultimi anni negli Stati Uniti ci si espone di più per le questioni sociali, per esempio quelle razziali. Ma gli sportivi generalmente non lo fanno troppo, come del resto succede anche in Italia. Io invece non riesco a comunicare se non ti dico come la penso, per me il personale è politico, per usare un’espressione del passato. Il taciuto non mi piace. Certo ho haters sui social, ma non ho mai avuto un problema professionale perché ho detto che sono di estrema sinistra, che sono ateo, che mi schiero per i diritti dei gay e per il Black Lives Matter”.
Andrebbe in qualsiasi città ad allenare?
“In certe città del profondo sud degli Stati Uniti le mie idee potrebbero infastidire, ma negli Usa è radicato il fatto che tu puoi dire ciò che vuoi. Io andrei ovunque. Non ho problemi. Ho vissuto in America con il primo Trump, in Italia con Berlusconi, sono contento oggi di non essere lì con la Meloni. Ma lavorerei in tutti i paesi democratici, invece non andrei in Arabia o in Qatar dove non si rispettano le donne, come potrei farlo con mia moglie accanto?”.
Cosa non le non piace del calcio negli Stati Uniti?
“L’aumento delle disuguaglianze e che non ci sia empatia per chi sta peggio. Latitano i diritti dei lavoratori, anche nel calcio il sindacato delle MLS è slegato da quello delle leghe minori, in Italia c’è una cultura diversa”.
Altro?
“I biglietti per lo stadio hanno prezzi assurdi e per far giocare i bambini nelle scuole calcio si paga moltissimo”.
L'articolo Vanni Sartini, allenatore comunista negli Usa di Trump: “Non andrei mai in Arabia, lì non si rispettano le donne” proviene da Il Fatto Quotidiano.