Venti milioni di ore di cassa integrazione al mese e 18mila metalmeccanici a rischio: i dati Fiom. "Ma gli utili delle aziende crescono"
Oggi alle 11:17 AM
Mentre corrono gli utili e calano gli investimenti, la cassa integrazione si impenna. E al momento sono a rischio esubero o colpiti da ammortizzatori sociali quasi 20mila lavoratrici e lavoratori, ai quali vanno aggiunti gli oltre 18mila operai di Stellantis in contratto di solidarietà. Il quadro fotografato dal centro studi della Fiom-Cgil racconta di un settore metalmeccanico dove le aziende macinano profitti ma reinvestono sempre meno, mentre i comparti della siderurgia, dell’automotive e dell’elettrodomestico vivono uno dei momenti più delicati degli ultimi decenni a partire dalle crisi di Ilva, Stellantis e Beko.
Nel 2023 gli occupati nel settore metalmeccanico sono stati 2.675.000 con un aumento di 103mila unità dal 2022 quando erano 2,572 milioni. Crescono il fatturato e gli utili delle imprese, che lo scorso anno hanno superato i 30 miliardi di euro. Mentre – evidenzia l’indagine della Fiom elaborando dati Istat ed Eurostat – l’aumento dei salari non è proporzionale a quello dei profitti e gli investimenti si contraggono: a fronte di un incremento del valore della produzione pari al 33%, gli utili sono aumentati del 91% ma i costi del personale hanno registrato una crescita solo del 19 per cento.
E il 2024 si preannuncia come un anno in cui i salari subiranno una contrazione reale, a causa delle 5,5 milioni di ore di cassa integrazione in più, ogni mese, tra gennaio e agosto arrivando a sfiorare le 19,5 milioni di ore mensili di media. Un numero destinato a crescere da settembre a dicembre, anche a causa del largo uso fatto da Stellantis per migliaia di dipendenti. Ma i dati definitivi saranno disponibili solo a marzo, visto che l’Inps – come svelato da Ilfattoquotidiano.it – ha deciso rilasciare il consuntivo su base trimestrale e non più mensile.
La crisi morde, insomma. La Fiom, ha sottolineato il segretario generale Michele De Palma, “propone un confronto a livello nazionale ed europeo con istituzioni e imprese per un ‘agreement for labour and environment'”. Come spiegato dal leader dei metalmeccanici della Cgil, il sindacato chiede tre fondi pubblici: uno per investimenti in equity da parte dello Stato nei settori strategici, il secondo per realizzare l'aggregazione delle piccole e medie imprese nelle filiere e il terzo per dar vita ad un'agenzia di ricerca e sviluppo. Inoltre, il sindacato auspica il blocco dei licenziamenti e di utilizzare la cassa integrazione per la transizione attraverso un mix tra contratto di espansione per favorire assunzioni di giovani, formazione e riduzione dell'orario di lavoro.
La necessità di un accordo ampio per i settori in trasformazione, secondo la Fiom, è dimostrata anche dai tavoli di crisi attivi al ministero delle Imprese e del Made in Italy. Nel solo settore metalmeccanico sono 40.524 gli addetti delle imprese coinvolte. Quando i tavoli sono iniziati, gli occupati erano 51.976. In queste imprese, insomma, sono già andati persi oltre 11mila posti di lavoro. E tra i 40mila ora in bilico già 18.055 sono stati dichiarati esuberi o convivono con ammortizzatori sociali, quasi un addetto su due (44,5 per cento).
La siderurgia è uno dei settori in maggiore sofferenza con 15.146 lavoratrici e lavoratori coinvolti, 5.177 posti già persi e 8.240 a rischio (54,4%). Oltre all’ex Ilva, hanno tavoli aperti anche JSW Steel di Piombino, Liberty Magona, Sideralloys e Berco. “Il 2024 sarà l’anno peggiore degli ultimi trenta in un settore strategico per altre filiere – ha sottolineato De Palma durante la presentazione dell’indagine del sindacato – La produzione italiana segnerà il suo record negativo con appena 20 milioni di tonnellate di acciaio grezzo, mentre ne importiamo sempre di più e aumentano gli ammortizzatori nel settore”.
Drammatici anche i dati dell’automotive con le dieci aziende coinvolte in tavoli al Mimit – da Industria italiana autobus a Lear fino a Tecnologie Diesel – che contano 6.476 addetti, 2.299 posti a rischio e 1.372 posti già persi. Numeri ai quali vanno aggiunti i 18.373 dipendenti di Stellantis in contratto di solidarietà, il 53,31% dei 33.217 addetti del gruppo automobilistico in Italia che martedì ha presentato il suo “piano Italia” per il rilancio annunciando un 2025 di sofferenza con numeri di produzione sovrapponibili all’anno in corso, il peggiore dal 1957.
Non a caso a Mirafiori è già stato annunciato il rinnovo del contratto di solidarietà – che continuerà anche a Melfi nel primo semestre – fino al 2 agosto per 2.500 persone della fabbrica torinese. “Bisognerà integrare il salario, non si può pensare di tenerli con la sola identità di cassa integrazione”, ha sottolineato De Palma chiedendo un un tavolo interministeriale che “ci permetta di avere un pacchetto di riferimento”.
Buio pesto anche nell’elettrodomestico con 9.677 dipendenti delle aziende che hanno tavoli aperti al ministero, 1.776 posti già persi dall’apertura delle vertenze e altri 2.618 operai a rischio, in buona parte riconducibili ai 1.935 esuberi dichiarati da Beko-Whirlpool con la chiusura dei siti di Comunanza e Siena e il dimezzamento dell’hub di Cassinetta, in provincia di Varese. Ma sono in sofferenza anche Electrolux e Wanbao-Acc, oltre alle situazioni ancora aperte di due aziende nate da pezzi di Whirlpool (Seri Industrial e Italian Green Factory).
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