Scudo penale agli agenti: col grimaldello della sicurezza, il governo smantella la separazione dei poteri

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La 'sicurezza' è il grimaldello che il governo sta usando per smantellare il principio costituzionale di separazione dei poteri. La propaganda costituisce per la sua azione mezzo e scopo insieme. Con la propaganda si può creare il caos e nel caos tutto si può accettare, anche gli imbarazzanti strafalcioni della comunicazione istituzionale così come la si può leggere sui media odierni.

Dopo gli attacchi ai magistrati dell'immigrazione, gli interventi a gamba tesa (istituzionale) a danno dei pm del processo di Palermo, le intimidazioni esplicite a quel tribunale materializzate da violente prese di posizione da parte di esponenti del governo, dimentichi delle proprie responsabilità, ora si sbandierano, sul cadavere di RamyElgaml, norme tanto fantasiose quanto eversive in danno del nostro Paese, tutte dichiaratamente ostili alle indagini per fatti analoghi a quello di Ramy, oggi, di Federico Aldrovandi e StefanoCucchi, ieri.

Stiamo parlando di questo e di niente altro di diverso. In caso di sospetti abusi, gli agenti non vanno iscritti nel registro degli indagati se non in caso di prove 'evidenti'. Nella maggioranza delle vicende giudiziarie si raggiunge l'evidenza della prova solo ad esito dell'indagine, quasi mai subito. Si tratta di un concetto che esprime un ossimoro giuridico.

Due semplici osservazioni:
scudo penale per difenderli dalla legge penale che loro stessi sono chiamati a far rispettare e che gli stessi pm non possono certo derogare. Ma gli agenti sì?
– essere indagato come atto dovuto è una garanzia per colui che è sottoposto ad indagini per un fatto che può essere un reato. Gli consente di partecipare ad accertamenti anche tecnici che potranno essere determinanti per fare chiarezza sugli accadimenti oggetto di investigazione. Si chiama diritto di difesa. Perchè impedirlo agli agenti diversamente da tutti gli altri cittadini? Perché se la verità sulla quale si farà luce sarà scomoda per l'agente allora non si potranno utilizzare le prove raccolte contro di lui perchè non ha potuto difendersi. Impunità.

L'ex magistrato Roberto Settembre dice oggi che in uno Stato democratico le forze dell'ordine hanno il monopolio dell'uso della forza "ma questo dato di fatto – continua – ha alla base un presupposto essenziale: la responsabilità."

Leggo i proclami governativi che si susseguono in queste ore approfittando del clamore provocato a seguito della morte di Ramy. Qualcuno parla di dare la competenza per l'avvio della prima fase dell'istruttoria di questo tipo di procedimenti al Ministro dell'Interno (sic!). Al limite, in seconda battuta ma non si capisce bene, alle 'procure delle corti d'appello' perché sarebbero 'più morbide'. Spero che i cronisti non abbiano ben compreso.

A prescindere dall'abnormità di un sistema di tal fatta sotto ogni punto di vista, quello Costituzionale in primis, credo sia sempre opportuno cercare di avere una prospettiva concreta di messa a terra di queste idee profuse in libertà e sotto l'entusiasmo avanti l'indubbia efficienza della propria propaganda sulla opinione comune.

Ve l'immaginate voi cosa sarebbe accaduto dopo la morte di Stefano Cucchi? Allora si espresse con tutta la forza e il vigore possibili non il ninistro dell'Interno ma quello della Difesa, Ignazio La Russa, che giurò sull'estraneità dei fatti per i Carabinieri coinvolti nel suo arresto. Fummo costretti, infatti, a partecipare a sei anni di processi sbagliati che vedevano imputati gli agenti della penitenziaria e testimoni di accusa i carabinieri. Il resto è storia nota.

Per Ramy si è subito espresso colui che si ritiene ministro dell'Interno in pectore, Salvini. I carabinieri si sono comportati correttamente. Amen.

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