Se le cose continuano così, Firenze potrebbe presto passare di moda

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Qualche giorno fa, ero a una manifestazione di residenti del quartiere di Santo Spirito a Firenze. Protestavamo contro una speculazione edilizia – l'ennesima – diretta a trasformare un antico chiostro in un hotel di lusso. E' una protesta sacrosanta, ma con poche prospettive di successo contro una grande multinazionale edilizia. Così, il degrado di Firenze continua.

Mentre ero alla manifestazione, mi è venuto in mente che la situazione somigliava alla "Tragedia dei Beni Comuni", una teoria piuttosto ben nota del biologo americano Garrett Hardin. I "beni comuni" che in italiano dovremmo chiamare "Usi Civici," sono un'antica usanza che mette a disposizione di tutti certi beni che non appartengono direttamente a nessuno; pensate alla legna da ardere o ai funghi da raccogliere in una foresta.

Hardin si ispirava ai pascoli in Inghilterra nel 1700, dove tutti potevano portare le loro pecore. Il problema era che con troppe troppe pecore alla fine l'erba non ce la fa a ricrescere e il pascolo diventa terra battuta. Ma se l'accesso è libero, il danno di una pecora di troppo si spartisce su tutti i pastori mentre il vantaggio se lo prende tutto il proprietario della pecora. Tutti ragionano così, e alla fine il pascolo viene distrutto. È questa idea che ha dato origine al concetto di "sovrasfruttamento," fondamentale nel campo che si chiama "bioeconomia."

Il modello di Hardin è teorico, ma funziona benissimo per certi settori del mondo reale, per esempio nella pesca. Ci ho scritto sopra un libro intero insieme a Ilaria Perissi, Il Mare Svuotato. Sovrasfruttare i banchi di pesce è perfettamente possibile e succede comunemente anche se ci sono, in teoria, delle regole per evitarlo. La distruzione dei beni comuni la vediamo anche con l'atmosfera: ognuno pretende di emettere i gas che vuole e il danno che fa si sparpaglia su tutti noi in forma di inquinamento e riscaldamento globale.

Ci sono tanti altri esempi, e uno è proprio il caso di una città come Firenze. È un bene che appartiene a tutti. Il problema è che tutti la stanno sfruttando per il proprio vantaggio. I residenti si trasferiscono in periferia per affittare ai turisti. Chi può, fa di peggio, costruendo alberghi, centri commerciali, e ristoranti di lusso dove prima c'erano appartamenti e negozi per i residenti. E' una forma di sovrasfruttamento e il risultato è come i pascoli distrutti o il mare svuotato: la città si degrada e diventa un "non-luogo" come gli aeroporti e le sale d'aspetto della stazione.

Una cosa tipica del sovrasfruttamento è che prima del crollo sembra che tutto vada benissimo. Tante pecore nel pascolo, tanto pesce pescato, e tanti turisti nelle città d'arte. Ma il successo si paga poi con un rapido declino. A proposito di Firenze, per quanto tempo ancora i turisti accetteranno di pagare un sacco di soldi per passeggiare per delle strade che somigliano ormai a una stazione della metro all'ora di punta? Cosa dire dell'idea di stare in coda per ore sotto il sole per guardare per cinque minuti qualche opera d'arte che poi non si sa se la capiscono veramente? Per ritrovarsi poi la sera a mangiare in un ristorante per turisti non diverso da quelli che ci sono casa loro, ma più caro. Gli verrà a noia, prima o poi? Se le cose continuano così, Firenze potrebbe passare di moda.

Possiamo fermare la distruzione dei beni comuni? Forse sì. Elinor Ostrom, fra le altre cose il primo premio Nobel donna per l'Economia, ha esaminato il modello di Hardin e ha trovato che le comunità montane sviluppano delle regole scritte e non scritte che evitano la "tragedia dei beni comuni". È soltanto la comunità che può evitare che un chiostro medievale finisca in mano agli speculatori privati. A Firenze, abbiamo visto l'altro giorno che una comunità del genere ancora esiste. Dovremmo perlomeno provare ad aiutarla prima che sparisca completamente. Ce la potremo fare? Chissà?

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