Ex concorrente del Grande Fratello condannato a 6 anni e 6 mesi per estorsione, lesioni e stalking: ha vissuto nella casa della vittima per 4 anni

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Estorsione, lesioni e stalking ai danni di un uomo che lo ospitò nella sua casa della Bassa Bergamasca. Sono queste le accuse con cui Kiran Maccali, ex concorrente del Grande Fratello, è stato condannato a sei anni e sei mesi di reclusione. L’uomo, oggi 38enne, ha origini indiane, ma fu adottato, quando era ancora neonato, da una famiglia di Romano di Lombardia. Nel 2011, tentò l’esperienza televisiva al Grande Fratello, ma negli anni successivi è finito in un vortice di guai, complice, probabilmente, anche l’alcol e le droghe.

Maccali, infatti, non è nuovo ai guai giudiziari. L’ex gieffino era già stato arrestatonel 2017 per resistenza e lesioni a pubblico ufficiale, poi ancora l’anno successivo per tentata violenza ai danni della sua ex fidanzata. E, infine, per maltrattamenti ai suoi genitori adottivi. Reati per cui starebbe ancora scontando tre anni di carcere. Ora, invece, le nuove accuse sono arrivate da quell’amico “di bevute e di giocate alle macchinette”, che decise di ospitarlo a casa sua quando il 38enne si è ritrovato senza fissa dimora.

In quel momento, a quanto risulta, la madre sarebbe stata anche disposta a riaccoglierlo in casa, ma a patto che “avrei dovuto rispettare le regole”. Così avrebbe chiesto ospitalità all’amico, da cui sarebbe rimasto dal 2015 al 2019. Da qui, le versioni dei due sono diverse. In cambio, secondo la versione di Maccali, non avrebbe dovuto portare gente che “gli chiedeva soldi”. Poi, l’accordo, stando ancora alle parole del condannato, diventa l’ospitalità in cambio di sesso: “È vergognoso, ma mi servivano soldi”. Nega alcune accuse, come le minacce, e sostiene di aver contribuito alle spese quando lavorava nella sua agenzia di comunicazione, in cui “fornivo hostess ai centri commerciali”. “Un calcio”, però, ammette lo stesso Maccali, ci sarebbe stato.

La vittima, invece, un sessantenne ora in pensione, sarebbe legato all’ex gieffino da un sincero affetto. Una versione su cui si poggia la tesi dell’accusa, sostenuta dalla pm Letizia Aloisio: “Chiedeva 100, 200 anche 300 euro al giorno ad una persona con una pensione di 1400 euro. Era fragile, voleva fare del bene. L’imputato invece ha una personalità manipolatrice e mistificatrice”. “La persona offesa gli disse: ‘Gli davo i soldi perché lo consideravo un figlio'”, cita l’avvocato della difesa Umberto Tropea chiedendo l’assoluzione (tranne che per l’episodio di lesioni ammesso) del suo assistito. Richiesta che sarebbe stata respinta, mentre invece è stata stabilita una condanna a sei anni e sei mesi, uno in meno rispetto a quanto chiesto dall’accusa.

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