"Non siamo gendarmi": bar e locali contro il decreto di Piantedosi. Il codice del cliente modello e i compiti dei gestori: le linee guida
Ieri alle 12:28 PM
Il nuovo condice di condotta dei clienti dei locali pubblici diventa un decalogo anche per gli esercenti, “invitati” a investimenti e aumento di responsabilità. E ora le associazioni degli esercizi pubblici protestano e chiedono un tavolo di confronto al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi che ha firmato il decreto. Il Viminale ha precisato che le prescrizioni in realtà si basano sulla volontarietà delle azioni dei gestori ma al momento non è bastato a placare gli animi.
La posizione più dura è quella di Fiepet Confesercenti che giudica il provvedimento “inaccettabile“. Il decreto “ricalca la visione del Tulps”, il Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, che però, fa notare il presidente Giancarlo Banchieri, è del 1931. Nel regio decreto di allora i pubblici esercizi erano visti “come potenziali luoghi di aggregazione di soggetti poco raccomandabili, da sorvegliare così come gli stessi locali. Una visione francamente da superare”, spiega. Quello che addirittura “sconcerta“, secondo la Federazione di Confesercenti, è “il mancato coinvolgimento delle associazioni e il tentativo di scaricare responsabilità, che spettano alle forze dell'ordine, sui gestori di bar, discoteche e simili. La sicurezza richiede una gestione strutturata, non il semplice trasferimento di oneri“. La Fiepet si dice quindi disponibile al dialogo, chiede di avviare un confronto ma “respinge ogni misura che assegni responsabilità improprie sui gestori”. “Le ricette che possono essere ritenute utili per alcune categorie specifiche, come le discoteche e le sale da ballo, non possono certo essere estese a bar, ristoranti e stabilimentibalneari – conclude Banchieri – Non è certo con un decreto come questo che si individua la soluzione: i cittadini e gli operatori possono e devono collaborare, ma non possono essere trasformati in gendarmi“.
Meno drastica, ma desiderosa di un dibattito, è la Fipe Confcommercio che apprezza il distinguo arrivato dal ministero ma con il vicepresidente vicario, Aldo Mario Cursano, si dice certo che “lavorando insieme con il Ministero e con le forze dell'ordine si potrà sempre di più favorire una corretta attività di prevenzione”. Anche da qui arriva dunque la richiesta di un tavolo di lavoro, per chiarire “le modalità e gli ambiti, seppur su base volontaria, di queste linee guida sul territorio, evitando che responsabilità non proprie dell'attività di pubblico esercizio ricadano sulle imprese”.
Già nel luglio 2019, con l'allora ministro MatteoSalvini, era stata raggiunta l'intesa programmatica tra il ministro dell'Interno e le associazioni Silb-Fipe, Asso Intrattenimento e Fiepet Confesercenti, che condividevano l'opportunità di promuovere ogni iniziativa per rendere i locali più sicuri. In quell’occasione fu anche istituito un tavolo congiunto per l’attivazione di “strutturate forme di collaborazione con le istituzioni” con l'indicazione, tra le altre, di promuovere l’installazione di impianti di videosorveglianza e di regolamentare l'accesso nei locali “in base a criteri da rendere noti alla clientela, anche attraverso appositi avvisi affissi all'ingresso dei medesimi, che consentano al gestore o al personale preposto di poter inibire l'accesso ovvero allontanare coloro che si trovino in evidente stato di alterazionepsicofisica“.
A farsi interprete dei bisogni della categoria, dall’opposizione, è Alleanza Verdi-Sinistra che attacca il ministro, “costretto a fare un passo indietro dopo aver pubblicato un decreto in Gazzetta ufficiale che manda in pezzi libertà e programmi degli esercenti. Ma si può governare così un Paese?”, si chiede il deputato Filiberto Zaratti.
Cosa c’è in questo decreto che ha irritato gli esercenti? Si chiamano – con la consueta denominazione sterminata a cui la burocrazia non rinuncia mai – “Linee guida per la prevenzione degli atti illegali e di situazioni di pericolo per l'ordine e la sicurezza pubblica all'interno e nelle immediate vicinanze degli esercizi pubblici”. In parole più povere da una parte c’è un “Codice di condotta” dell’avventore-modello che non porta armi o droga, non ha spray al peperoncino, si impegna ad evitare comportamenti molesti, non danneggia i dispositivi antincendi e gli arredi, non abbandona bottiglie di vetro in giro. Tutte regole del vivere civile e prima ancora della buona educazione che non avrebbero bisogno di decreti. Ad ogni modo il codice dovrà essere affisso in bar e discoteche, alberghi e stabilimenti balneari, sale giochi e intrattenimento. E però è più un consiglio paterno che una legge visto che fonti del Viminale si sono affrettare a precisare che le linee guida – nonostante il considerevole numero di parole utilizzate – “forniscono indirizzi per la stipula di accordi in sede territoriale cui è possibile aderire su base volontaria, senza alcun obbligo e senza quindi nuovi costi per gli operatori”. L’obiettivo, sottolinea il ministero, è agevolare un “sistema di cooperazione operosa” e quindi “innalzare il livello di prevenzione dell'illegalità e delle situazioni di pericolo” dentro e vicino ai locali. Chi adotta il Codice di condotta e le altre azioni previste dal decreto può evitare l'automatismo della chiusura e della sospensione della licenza in caso di disordini. Il Codice dovrà essere affisso “in modo ben visibile all'interno del locale” e pubblicizzato “anche sui siti web degli stessi esercizi”.
Ma ce n’è anche per gli esercenti “invitati” a prendere misure di prevenzione che “scoraggiano il compimento di azioni illegali” e mettono a disposizione delle forze di polizia “strumenti volti ad agevolare l'attività di identificazione e di rintraccio dei responsabili”. Dovranno così installare, a loro carico, sistemi di videosorveglianza che potranno anche essere affidati ad istituti di vigilanza privata, “assicurando la possibilità di riprendere le vie di accesso e le uscite di sicurezza del locale”, garantire “un'adeguata illuminazione delle aree in cui l’attività economica viene esercitata”; assicurare l’identificazione dei minori (e “timbrarli” come avviene in molte discoteche), segnalare “ogni circostanza che possa determinare turbative o riflessi negativi per l'ordine e la sicurezza pubblica”, individuare un “referente della sicurezza per il locale” che fungerà da punto di contatto privilegiato con le forze di polizia.
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Nella foto in alto | Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il presidente di Fiepet Giancarlo Banchieri
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