Allarme in Enpam: se i medici di base diventano statali, la cassa previdenziale collassa

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"Il futuro della salute passa dal cibo: con una quota di 14 milioni di euro del Fondo Pai, l'Enpam si candida a guidare la prossima rivoluzione alimentare", così dieci anni fa sul suo sito istituzionale la cassa previdenziale dei medici italiani annunciava l'investimento. Forse ad anticipare possibili obiezioni circa la congruità e compatibilità dell'investimento con le finalità dell'Enpam, ecco pronto il link a un'intervista in cui Oscar Farinetti spiega il nesso fra salute/medicina e investimento: "L'alimentazione è la prima medicina", e giù luoghi comuni secondo il consueto schema comunicativo. Enpam entra nell'investimento sottoscrivendo quote del Fondo PAI (Parchi Agroalimentari Italiani) costituito dalla Prelios Sgr, società di gestione del risparmio immobiliare, per partecipare a Fico. Oltre all'Enpam investono nel Fondo anche le casse di veterinari, agronomi, avvocati, ingegneri e architetti. Il Fondo raccoglie e investe circa 60 milioni, 10 solo dai medici, di investitori istituzionali, terreni dal Comune di Bologna e circa 9 milioni dalla Coop Alleanza 3.0. Arriverà a 130/140 milioni. I primi dividendi erano previsti per il 2019, invece perdite a go go anche prima che il Covid aggravasse ulteriormente la situazione.

A fine 2017 Fico apre, alla presenza dell'allora Presidente del Consiglio Gentiloni, e si rivela subito un bagno di sangue,così che 6 anni dopo, nel febbraio '24, si arriverà alla chiusura. Di recente se ne sono occupati in tanti della fine ingloriosa e del fiume di danaro pubblico che ha accompagnato l'iniziativa, dalle linee bus riservate ai cartelli sull'autostrada, alle aree pubbliche concesse. Ora ha appena riaperto come Grand Tour Italia, investitori allarmati all'annuncio del quarto progetto di restyling dal suo debutto. Torniamo ai 10 milioni investiti da Enpam, quanti sono diventati oggi? Sul sito dell'ente non v'è risposta.

Mentre l'investimento del fondo pensione dei medici e dei dentisti nel parco agroalimentare dà i suoi frutti velenosi, un'altra minaccia si profila all'orizzonte per il board a capo di Enpam: il ministro Schillaci avanza l'ipotesi che – a maggior ragione con l'entrata a regime delle Case di Comunità (chiamate anche Case della Salute, modello emiliano) – i medici di base, o almeno una parte, dovrebbero diventare dipendenti del Servizio Sanitario, come già i medici ospedalieri. Per tutti, ipotizza il ministro, un orario di 38 ore alla settimana, alle dirette dipendenze delle Asl. Sindacati divisi, medici più giovani favorevoli, più contrarietà fra gli attempati. Ovviamente, come l'intramoenia per gli ospedalieri, permarrebbe la possibilità di integrare l'orario con ulteriori prestazioni/specializzazioni, fatto salvo l'impiego nella Case di Comunità su cui non da oggi si punta per rivitalizzare la medicina di base – funzionamento 24h, festivi compresi – al fine di decongestionare i Pronto Soccorso e fornire una pronta assistenza a tutte le emergenze ambulatoriali. L'Enpam che cosa c'entra in tutto questo?

" […] la previdenza dell'intera categoria di medici e odontoiatri collasserebbe", dice il presidente dell'Enpam, Alberto Oliveti a Quotidiano Sanità. Già perché è l'Inps a gestire le pensioni dei lavoratori dipendenti. Dunque, il Presidente dell'Enpam – quello dall'appannaggio stratosferico – si allarma perché il suo ente perderebbe la preziosa alimentazione che viene dai contributi versati dagli oltre 40mila medici di famiglia italiani il 75% dei quali ha più di 27 anni di contribuzione (privata). Non solo avrebbe meno soldi da investire in operazioni tipo Fico, ma dovrebbe per sua ammissione mettere mano al patrimonio dell'Ente per pagare le pensioni a chi già ce l'ha e a chi sta per maturarla. Per lui un disastro, per i medici più giovani una boccata d'ossigeno in una professione dove le baronie fanno da tappo e gli anziani cercano di scaricare sui nuovi arrivati fastidi e incombenze poco redditizie. Come il servizio nella Case di Comunità, turni festivi e notturni compresi.

Dato che i medici "storici" con i loro 1500 (o più) mutuati sembrano restii a inserirsi nel nuovo modello di sanità territoriale e fanno resistenza, facile immaginare che l'incombenza del funzionamento ricadrà su quelli più giovani con meno mutuati. Una specie di doppio regime dove sui giovani viene scaricato un onere e un impegno che dovrebbe vedere tutti coinvolti nello stesso modo.

Intanto l'Enpam si porta avanti col lavoro: il suo presidente sostiene che Case di Comunità previste dal DL 77 allontanerebbero il cittadino dal suo medico – ridotto a impiegato pubblico – e dai servizi territoriali. Per meglio contrastare questo presunto "allontanamento", si è inventato le Case di Comunità spoke "autogestite dai medici di famiglia e dai pediatri convenzionati con il Ssn, […] mirano a posizionarsi come collegamento di prossimità tra la casa del cittadino, intesa come il primo luogo di cura, e le Case di Comunità "hub” finanziate con i fondi del Pnrr". La libertà di orario e di esercizio della medicina di base a spese dei contribuenti, finanziata da un apposito fondo immobiliare che Enpam costituirà allo scopo. Dopo la privatizzazione della diagnostica, della sanità specialistica, adesso è la Cassa pensionistica dei Medici (25 miliardi di investimenti, 23 in immobili) a candidarsi a completare il lavoro, privatizzando anche la sanità di base. Loro fanno ciò che vogliono, le Asl pagano le convenzioni.

I giovani dottori stavolta sembrano finalmente risvegliarsi dal torpore. Sapranno essere parte di un movimento per il rilancio della sanità pubblica? Ne va del nostro futuro, ma anche del loro, pensioni comprese.

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