Di Patrizio, morto sul lavoro a 19 anni, già non si parla più. Dice la famiglia: 'Qui non si è visto nessuno'

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“Un messaggio Whatsapp verso pranzo, parlavamo del fantacalcio, perché dovevamo mettere la formazione”, così Armando Spasiano parla ai microfoni de La Radiazza su Radio Marte dell'ultima volta in cui ha sentito Patrizio, il figlio, venerdì 10 gennaio. Patrizio quel maledetto venerdì stava lavorando presso la FrigoCaserta di Gricignano d'Aversa (CE). Nel pomeriggio morirà intossicato a causa di una fuga di ammoniaca. Nella stessa azienda in cui il 31 dicembre 2024 era morto Pompeo Mezzacapo, schiacciato da un muletto. Pompeo è stato l'ultimo morto sul lavoro del 2024.

Un altro anno di sangue per lavoratori e lavoratrici, perfino più del 2023: 1.482 i morti sul lavoro o in itinere secondo l'Osservatorio Nazionale Morti sul Lavoro di Bologna (che conteggia anche i lavoratori non coperti dall'Inail e quelli in nero, di qui i numeri più alti di quelli Inail). Nell'anno appena terminato, nella sola provincia di Caserta se ne sono registrati 23, +29% rispetto ai 17 del 2023.

Patrizio Spasiano è il primo morto sul lavoro in Campania di questo 2025. Ma Patrizio – come gli altri – non è solo un numero. Patrizio aveva 19 anni, una vita piena e un domani tutto davanti. Patrizio gioiva, soffriva, scherzava. Faceva progetti. Era appassionato di calcio. E di motori. Sognava il futuro. Patrizio era del Rione Berlingieri, Secondigliano, Napoli. "Mio figlio ha sempre lavorato. Ha lasciato la scuola, ma ha sempre lavorato. È andato a vendere il latte alle 6 del mattino, è andato a lavorare nei mercati, è andato a portare il pollo, i panini", ha raccontato la madre, Simona Esposito (La Radiazza, 14 gennaio)..

Da tre mesi un nuovo lavoro. Prima il corso di formazione GOL al Centro Per l'Impiego; poi l'assunzione alla Cofrin di Villaricca (NA). Tirocinante: 500€ al mese. Alla faccia della retorica di media e politici che sproloquiano dei "giovani che non hanno voglia di lavorare". In alcune aziende, poi, lo stage camuffa abusi e frodi: gli imprenditori lo utilizzano non come "periodo di orientamento e formazione", secondo quanto prescritto dalla legge, ma solo per pagare di meno il dipendente.

Patrizio, nonostante tutto, "era contento di questo mestiere: ‘Papà che dici, può andare bene per farmi un futuro?’. Voleva una vita semplice, niente di che. Diceva, visto che aveva una fidanzata che amava tantissimo: “Voglio una macchina, mi voglio sposare, voglio una famiglia come voi", dice Simona. Voleva una famiglia Patrizio. Con quella fidanzata, Noemi, di cui aveva il nome tatuato sul braccio.

Patrizio era un giovane di un quartiere popolare. Uno di quelli che non fanno notizia. Giornali e Tg non parlano di loro quando lavorano per salari da fame, con contratti spesso irregolari. Se ne accorgono solo quando rimangono uccisi in qualche sparatoria o in qualche inseguimento. Magari per criminalizzarli. Niente, invece, quando restano uccisi sul lavoro.

"Credevo mio figlio dovesse imparare, a Napoli così si dice: vai a imparare un mestiere. Pensavo dovesse fare il saldatore, quando mi hanno chiamato credevo si fosse tagliato un dito, non lo sapevo nemmeno potesse esistere una cosa del genere", racconta Simona.
Dove sono le prime pagine dei giornali nazionali per questo figlio di una famiglia operaia? Dove sono i talk show? Dove sono le istituzioni politiche? Dove sono gli scioperi dei sindacati? “Noi qua non abbiamo avuto notizia di nessuno, né autorità, né Comune, né Sindaco; da me, da mia moglie e da mia figlia non è venuto nessuno, solo i familiari, gli amici, le persone che conoscevano mio figlio”, sostiene Armando.

Eppure Patrizio potrebbe essere il nome di tanti nelle nostre città. La sua storia potrebbe permetterci di parlare di che futuro questa Italia e la sua classe dirigente stanno consegnando alle giovani generazioni. O di cosa sia la sicurezza sul lavoro, al di là di retorica e propaganda, al di là perfino di quanto è scritto nelle leggi, e in che rapporto sia con la precarietà. Della giungla di appalti e subappalti, degli strumenti del riscatto: da più controlli a lavoratori organizzati in sindacati che si facciano valere.

Dopo la strage di Calenzano (FI), con l'esplosione del deposito Eni in cui sono morti 5 operai (26 i feriti), un sondaggio SWG mostra che 6 operai su 10 ritengono si sia trattato "dell'ennesimo caso di mancata garanzia di sicurezza sul lavoro in nome del profitto", contro 1 su 10 che crede più opportuno parlare di "drammatico incidente". In un'ampia fetta di lavoratori c'è dunque la convinzione che non si tratti di incidenti, ma di omicidi sul lavoro.

Una fattispecie non prevista dall'ordinamento e che non è nei piani di un governo dell'ultradestra pronto a inserire nel codice qualunque tipo di reato tranne uno che potrebbe in parte tutelare la salute e la vita di chi ogni giorno scende di casa per lavorare, portare a casa il pane, produrre ricchezza e far funzionare il Paese.

Il sondaggio SWG va avanti: 1 operaio su 2 riferisce di "non sentirsi al sicuro e al riparo dai rischi" e denuncia che il proprio datore di lavoro non dimostra "cura e attenzione ai temi della sicurezza sul lavoro". 2 su 5 rispondono di non essere informati sui piani di emergenza, quasi 4 su 5 di non aver svolto prove di evacuazione e solo 3 su 5 di aver ricevuto formazione sulla sicurezza specifica per il proprio lavoro. 3 su 10, infine, evidenziano di non aver ricevuto i DPI (Dispositivi di Protezione Individuale) previsti dalla legge (Radar Swg, rilevazione 9-15 dicembre 2024). Perché tutto questo non è in cima all'agenda politica e mediatica del Paese?

Ne Il tallone di ferro, scritto nel 1908, più di un secolo fa, Avis Cunningham, voce narrante ideata da Jack London, dopo un "incidente" sul lavoro si chiede: "Se un uomo poteva essere trattato in modo tanto atroce senza che la società muovesse un dito, non sarebbe potuta accadere la stessa cosa a molti altri?". Dovremmo muoverlo questo dito. Perché, come ha avuto la forza di dire la mamma di Patrizio, "nessuno al mondo deve sopportare quel che sto sopportando io. Non deve succedere più che una mamma, un papà, una sorella debbano sopportare tutto questo".

L'articolo Di Patrizio, morto sul lavoro a 19 anni, già non si parla più. Dice la famiglia: ‘Qui non si è visto nessuno’ proviene da Il Fatto Quotidiano.

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