Elezioni in Ecuador, il Paese al voto travolto dalla violenza: omicidi e rapimenti decideranno il risultato. E i gruppi criminali lo sanno

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L’esplosione della violenza criminale in Ecuador durante la vittoriosa campagna elettorale di Daniel Noboa è stato uno dei più determinanti fattori, se non il principale, dietro al trionfo del giovane candidato che si rispecchiava in Nayib Bukele. Aveva per questo promesso di condurre, come in Salvador, una guerra senza sconti ai gruppi criminali. Nell’anno e mezzo di mandato di Noboa la "bukelizzazione" del Paese non c’è però stata: nonostante l’uso di "stati d’eccezione" continui, la violenza non è stato il principale tema sociale e politico per i cittadini, anche se il Paese è al terzo posto nell’intero continente per numero di morti ogni 100mila abitanti. Ora, in piena campagna elettorale, ci sono già stati l’omicidio del sindaco di Arenillas, Eber Ponce, l’attacco armato a Diego Jairala, figlio dell’ex deputato ed ex prefetto della provincia di Guayas Jimmy Jairala, e un gruppo di suoi amici a Guayaquil, quello al candidato all’Assemblea del Partito Socialista, Joselito Arguello, e a suo padre e infine il rapimento della deputata del partito di governo, Yadira Bayas.

La memoria corre veloce al 2023 e all’omicidio del candidato Fernando Villavicencio, ucciso a colpi di arma da fuoco durante un evento elettorale. Per questo il Consiglio nazionale elettorale (CNE) ha invitato i candidati a condurre una campagna "all’insegna della tolleranza e del rispetto reciproco, che promuova un dibattito ragionato, una cultura della pace e della convivenza democratica". La violenza così torna a essere il tema, anche se la percezione è molto diversa tra le diverse zone del Paese. Se a Guayaquil e Quito è qualcosa di vissuto e dibattuto da chi vive nelle due città, nelle zone indigene, rurali e campesine il discorso è altro. Ma la mediatizzazione di questi casi sta imponendo a candidate e candidati alle elezioni presidenziali un cambio di rotta, sia nell’organizzazione degli eventi sia nei discorsi elettorali e pare essere tornato il tema dirimente.

Nonostante il governo di Noboa non abbia mantenuto le promesse in merito alla violenza criminale e abbia mal gestito la siccità che ha provocato un crisi energetica con blackout fino a 14 ore al giorno, il giovane politico e presidente in carica, ad oggi, guida i sondaggi con il 36% delle preferenze. Dietro di lui ci sarebbe la candidata in quota Correa, Luisa Gonzalez, con il 33% e poi Leonidas Iza, candidato indigeno per il Pachakutik. Iza, a differenza degli altri due candidati, affronta il tema sicurezza rompendo gli schemi classici: non parla di militarizzazione e di uso della forza per combattere i gruppi del crimine organizzato (che come in altri Paesi nasce per gestire il traffico della droga e poi si allarga facendo sistema), ma della necessità di una politica internazionale che includa i Paesi produttori, consumatori e di transito per affrontare il problema da una prospettiva pluralistica.

In tutto i candidati alla presidenza sono 16, ma la corsa, più di altre volte, sembra a due visto che il terzo, Iza, godrebbe di appena il 2% delle preferenze. Ma dopo gli ultimi fatti di cronaca (in primis l’assassinio di 4 bambini durante un’operazione militare in dicembre a Guayaquil), sondaggi non ufficiali darebbero Gonzalez al 40%, Noboa al 34% e Iza al 4%. Se la "gestione" della violenza nel 2023 è stato il volano per la vittoria di Noboa, oggi potrebbe essere il suo grande nemico. È ciò su cui punta il correismo per tornare al potere.

Mancano poche settimane al 9 febbraio, giorno del primo turno delle presidenziali, e la sensazione, sondaggi a parte, è che molto sia in bilico e dipendente dai prossimi fatti di cronaca. Questo conferisce ai gruppi criminali un potere enorme. Lo sanno loro, lo sa la politica e lo sanno le forze di polizia e militari. E come in altri Paesi del continente è difficile pensare all’assenza di un "travaso" di poteri e interessi. "Narco-Stati" è un termine abusato negli ultimi anni e tende ad assolvere il potere dello Stato e a vendere una parziale realtà, quella dell’infiltrazione criminale nelle istituzioni. Infiltrazione che esiste ma che convive con l’uso che la politica fa, quando lo necessità, dei gruppi criminali.

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