Francia, dopo 50 anni dalla legge sull'aborto le donne condannate ingiustamente devono essere ancora riabilitate
Oggi alle 08:15 AM
Marie-Louise Girauld aveva 39 anni quel 30 luglio 1943 quando fu ghigliottinata nel cortile della prigione della Roquette, a Parigi, ormai chiusa da tanti anni, per aver praticato 27 aborti clandestini a Cherbourg, in Normandia. All’epoca le chiamavano "faiseuses d’anges" in Francia, le militanti come lei, medici e no, che sfidavano la legge (nel 1942, sotto il governo collaborazionista di Vichy, l’aborto era diventato un "crimine contro lo Stato", passibile della pena di morte), per aiutare le donne che, anche a rischio della propria vita, volevano interrompere una gravidanza sgradita.
A 50 anni esatti dalla "Loi Veil" del 17 gennaio 1975, difesa anima e corpo dalla ministra della Salute Simone Veil, sotto la presidenza di Valery Giscard d’Estaing, che legalizzò l’interruzione di gravidanza in Francia permettendo alle donne di abortire in modo sicuro, il quotidiano Libérationpubblica oggi una lettera aperta per riabilitare storicamente le "donne ingiustamente condannate e restaurare la loro dignità". In calce le firme di un gruppo di intellettuali, attrici, scrittrici, militanti femministe, tra cui la Nobel Annie Ernaux, le attrici Julie Gayet e Anna Mouglalis, la socialista Laurence Rossignol, la storica Claudine Monteil, che insieme a Simone de Beauvoir firmò il famoso "Manifesto delle 343" del 1971 per l’aborto libero e gratuito.
Nella lettera si fanno alcuni dati che citano fonti giudiziarie: 1092 donne sono state condannate per IVG tra il 1826 e il 1880 e 715 tra il 1881 e il 1909. Durante il regime di Vichy, si legge nel testo, "le condanne di donne che hanno abortito sono moltiplicate per sette nel periodo cruciale del 1940-1943. Nel 1946, 5.151 casi di aborti clandestini sono ancora giudicati dai tribunali, più che sotto Vichy. La condanna degli aborti dura ampiamente dopo la seconda guerra mondiale fino all’amnistia del 1974". "Riabilitare e ottenere riparazione per le donne condannate – scrivono – significa anche sfatare lo stigma che ancora troppo spesso circonda l’aborto e scrivere una storia diversa sull’aborto. Non si tratta solo di un atto medico, ma di una scelta politica, sociale e personale per la quale nessuna donna avrebbe dovuto sentirsi in colpa".
La Loi Veil è stata una svolta storica. Negli anni è stata più volte aggiornata. Nel 2013 è stata introdotta la gratuità dell’IVG e garantito l’anonimato, nel 2016 è stato soppresso il "periodo di riflessione" di 7 giorni e nel 2022 il tempo legale per praticare l’IVG è stato esteso da 12 a 14 settimane di gravidanza. Nel 2024 la Francia è stata anche il primo Paese a inserire l’interruzione volontaria della gravidanza nella Costituzione, in risposta alla revoca negli Stati Uniti della famosa sentenza Roe v. Wade, che ha dato agli Stati federali la possibilità di adottare una propria legislazione sull’aborto.
Malgrado i progressi fatti, anche in Francia "il diritto di aborto resta fragile", sostiene il Planning familial, associazione che dal 1960 lotta per la parità e i diritti delle donne. In Francia, ogni anno si praticano in media 220 mila IVG. Nel 2023 sono state di più, 243.623, secondo i dati della Direction statistique des ministères sociaux (Drees), in aumento nella fascia d’età dai 20 ai 34 anni. Nel 79% si ricorre al metodo farmacologico.
Eppure esistono ancora molte difficoltà sia ad accedere alle informazioni sull’IVG sia a ottenere un appuntamento in un centro medico abilitato. "Sebbene l’aborto farmacologico possa essere eseguito in ambulatorio dal 2001, solo 3.170 professionisti liberali lo hanno praticato almeno una volta nel 2023", scrive la Dress. Si scavano quindi le diseguaglianze sociali e territoriali. Le donne in condizioni precarie e svantaggiate o che vivono nelle zone rurali, lontano dalle città, sono le più penalizzate. Il Planning familial indica che 130 centri medici abilitati sono stati chiusi negli ultimi quindici anni e altri rischiano di chiudere nei prossimi anni. I tempi di attesa per un appuntamento dunque si allungano. Tanto che "tra 3.000 e 5.000 francesi" sono obbligate ad andare a abortire all’estero per non superare il tempo legale.
Anche i tabù sull’aborto persistono. Secondo un recente studio IFOP, pubblicato nel settembre 2024, il 63% delle donne che hanno fatto ricorso all’IVG dicono di aver subito "dei freni" e il 37% continua a non parlarne con la famiglia per timore del giudizio e di essere stigmatizzata.
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