Gaza, Ucraina e complicità: la strategia del governo italiano è totalmente antigiuridica
Oggi alle 12:03 PM
Tra gli effetti negativi e perversi del clima bellico in fase di escalation nonostante le promesse di Trump vi è anche quello del netto peggioramento della qualità del dialogo politico e sociale. La destra ne approfitta per denunciare immaginari complotti nascondendo la propria totale incompetenza e i difetti di fondo delle politiche governative imperniate sul taglio dei fondi in ogni settore, tranne ovviamente quello della cosiddetta difesa.
Come sempre rivelatore è il vaniloquio del personaggio più privo di pudore e sprezzante del minimo senso del ridicolo che compare nella compagine meloniana: mi riferisco ovviamente all’impareggiabile Salvini che lotta per sopravvivere politicamente mentre affonda inesorabilmente e molto probabilmente verrà spazzato via dal prossimo Congresso della Lega in netto calo di consensi. Nel frattempo il nostro, oltre a ingurgitare come al solito chili di nutella e salame per tenersi su, invoca il nemico interno e magari anche quello esterno per giustificare il disastro ferroviario in corso.
Il “ragionamento” del buon Salvini (e dei burocrati ferroviari che scrivono alla Digos) va totalmente rovesciato: non è il conflitto sociale a determinare il cattivo funzionamento delle ferrovie, che infatti è purtroppo un fenomeno stabile e quotidiano, salvi i sacrosanti scioperi, ma proprio le politiche catastrofiche di taglio adottate dal governo, che determinano la crescente precarizzazione e quindi il costante peggioramento della qualià del lavoro. Cosa della quale ovviamente i lavoratori sono ben consapevoli e che hanno non solo il diritto ma il dovere di combattere mediante i mezzi a loro disposizione.
Forte del controllo pressoché totalitario dei media, con l’unica eccezione del Fatto quotidiano nel campo della stampa quotidiana, il sistema neoliberista e bellicista imperante si accinge a scagliare nuovi dardi demolitori sullo Stato di diritto. Si pensi all’immunità per le forze dell’ordine, palesemente incentivate a commettere atti repressivi anche illegali, o al progetto di debilitazione strutturale e permanente di ogni branca della magistratura, ordinaria, amministrativa o contabile. Il tutto per puntellare un regime in chiara crisi di legittimità, anche se i farfugliamenti della presunta opposizione, specie di quella di matrice piddina, continua a convogliare su Meloni e il suo partito i suffragi di un elettorato sempre più disorientato, che oscilla tra astensionismo e autolesionismo.
Il punto cardinale di questa offensiva antigiuridica è costituito evidentemente dall’appoggio alle strategie guerrafondaie adottate dall’Occidente per rispondere alla sua crisi terminale. Qui l’attacco allo Stato di diritto sul piano interno si coniuga con quello al diritto internazionale. Per quanto riguarda l’Ucraina è sempre più palese la violazione dell’art. 11 della Costituzione, mentre, al di là delle farsesche carnevalate di Salvini o dello stesso Crosetto si continuano ad inviare armi utili solo per la continuazione dell’insensato massacro delle giovani generazioni ucraine, sempre più in fuga dalla guerra, sguarnendo in tal modo le risorse destinate alla difesa nazionale e contravvenendo quindi anche all’art.52 della Costituzione.
Ancora più evidente la situazione di illegalità per quanto riguarda la Palestina. Sullo sfondo si registra la totale assenza dell’Europa dal campo diplomatico e negoziale, lasciando Biden e Trump a litigare fra di loro su chi si debba intestare la fragile tregua raggiunta. Quest’ultima costituisce in effetti il risultato della resistenza del popolo palestinese, armata o disarmata, che dura ormai da oltre quindici mesi, lasciando sul terreno oltre settantamila vittime, in maggioranza civili inermi e tra loro bambini uccisi, mutilati o lasciati morire di fame e di freddo dal genocida occupante israeliano.
Di fronte a questo scempio, il ministro Tajani blatera di forze di interposizione, mentre il nostro Paese, insieme a Stati Uniti, Germania ed altri Stati occidentali, continua ad armare la mano assassina dell’esercito e dei coloni israeliani. Si tratta, come non ci stancheremo di ripetere e ribadiremo ancora una volta a Montecitorio il prossimo martedì 28 gennaio alle ore 16, di complicità nel genocidio. Su questo deve rispondere la magistratura penale italiana ma ci rivolgeremo anche alla Corte penale internazionale.
L’orientamento totalmente antigiuridico del governo italiano è stato da ultimo confermato dalle dichiarazioni di Tajani sulla presunta scappatoia offerta a Netanyahu dal principio di diritto internazionale relativo all’immunità per i Capi di Stato e di governo. Evidentemente al ministro degli esteri che pure, stando a Wikipedia, si sarebbe laureato in Giurisprudenza all’Università “La Sapienza”, sfugge il chiaro dettato dell’art. 27 dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale, ratificato dall'Italia con Legge 12 luglio 1999, n. 232, intitolato “Irrilevanza della qualifica ufficiale”, secondo il quale “1. Il presente Statuto si applica a tutti in modo uguale senza qualsivoglia distinzione basata sulla qualifica ufficiale. In modo particolare la qualifica ufficiale di CAPO DI STATO o di GOVERNO, […] non esonera in alcun caso una persona dalla sua responsabilità penale per quanto concerne il presente Statuto e non costituisce in quanto tale motivo di riduzione della pena. 2. Le immunità o regole di procedura speciale eventualmente inerenti alla qualifica ufficiale di una persona in forza del diritto interno o del diritto internazionale non vietano alla Corte di esercitare la sua competenza nei confronti di questa persona”.
Ma questo purtroppo è il pessimo livello di chi ci governa.
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