"Silenzio del governo su mio figlio Alberto, arrestato in Venezuela e senza farmaci salvavita". Tajani interviene sul caso del cooperante Trentini

“La nostra avvocata parla quotidianamente con la Farnesina ma nessun rappresentante del governo ci ha mai contattati. Ora confidiamo che la presidente Meloni e i ministri si adoperino con lo stesso impegno e dedizione che hanno dimostrato a tutela di un’altra italiana, per riportare presto, incolume, Alberto in Italia”. Armanda è la madre di Alberto Trentini, suo unico figlio e spera che la sua vicenda abbia presto lo stesso epilogo di quella che ha coinvolto Cecilia Sala, la giornalista detenuta per tre settimane nel carcere di Evin, a Teheran, e rientrata in Italia l’8 gennaio. Il cooperante italiano di 45 anni dal 15 novembre si trova in carcere a Caracas, senza che nessuna accusa sia ancora stata formalizzata e senza ricevere nessuna notizia dalle autorità venezuelane. Silenzio assoluto. Sul caso è intervenuto oggi anche il ministro degli Esteri Antonio Tajani, che ha fatto convocare “l’incaricato d'affari del Venezuela per protestare con forza per la mancanza di informazioni sulla detenzione” e “per contestare l'espulsione di 3 nostri diplomatici da Caracas. L'Italia continuerà a chiedere al Venezuela di rispettare le leggi internazionali e la volontà democratica del suo popolo”, ha scritto su X.

La preoccupazione per i farmaci salvavita – Intanto, mentre sul caso pende il silenzio assordante delle autorità di Caracas, “non sappiamo nulla – continua Armanda -. Non sento Alberto da quel 15 novembre (giorno in cui la famiglia ha ricevuto l’ultimo messaggio via Whatsapp, ndr). Non so dove sta, come lo trattano: Alberto ha problemi di salute e non ha con sé le medicine”. E proprio questo è uno dei punti che preoccupa di più la famiglia: Trentini soffre infatti di pressione alta, asma e altre patologie e molto probabilmente non ha con sé i farmaci salvavita necessari. “Siamo molto provati. Non sento mio figlio da due mesi, da quando lo hanno portato via. Lui ora è ostaggio di quel Paese, ma è solo una pedina. Bisogna forzare il silenzio su questa vicenda, forse l'interrogazione parlamentare ha cominciato a smuovere le coscienze“, ha dichiarato ricordando la richiesta del Pd al ministro degli Esteri Tajani. “Dal 15 novembre scorso, quando Alberto è partito, siamo nel silenzio. Sessanta giorni, e sessanta notti, senza avere una notizia, io e mio marito siamo nell'angoscia”, continua Armanda. “Mio figlio – spiega – era solito durante ogni sua missione mandarci un messaggio e la localizzazione del luogo in cui arrivava. Questa volta non abbiamo saputo niente. È un figlio speciale, siamo disperati. È speciale per tutto quello che ha fatto in questi anni, aiutando gli altri. Mi diceva sempre che la più grande soddisfazione era vedere il sorriso delle persone che aiutava, gente, i caminantes in fuga dal Venezuela che arrivavano da loro con le scarpe sbriciolate”.

E anche oggi l'avvocata Alessandra Ballerini e i familiari del cooperante chiedono “nel pieno rispetto della sovranità territoriale del governo bolivariano e senza voler interferire nella diplomazia delle relazioni tra Italia e Venezuela l'attenzione di tutte le Istituzioni dei due Paesi circa la drammatica situazione di AlbertoTrentini e chiediamo la sua liberazione affinché possa tornare a casa e all'affetto dei suoi familiari e amici”. “Alberto – si legge ancora nella nota- è un cooperante e proprio questa sua missione umanitaria in Venezuela deve costituire un ponte di dialogo che consenta di raggiungere il risultato del suo pronto rientro in Italia. Lo chiediamo con forza e speranza. La tradizione di familiarità tra Italiani, una delle più importanti comunità nel paese sudamericano, e Venezuelani impone questo segnale di pacificazione“.

Le richieste della Commissione interamericana dei diritti umani – Ma quali sono le informazioni più recenti su Trentini? Il Corriere della Sera ricostruisce gli ultimi tasselli: il cooperante, fin dal suo arrivo in Venezuela lo scorso 17 ottobre, aveva notato un clima di ostilità negli aeroporti. Una situazione difficile che non aveva mai visto prima e che il 14 novembre lo aveva indotto a scrivere a un collega della ong per la quale lavorava, Humanity & Inclusion (HI), confidandogli di volere presentare le dimissioni. Lo riferisce la Commissione interamericana dei diritti umani (Iachr) che sul suo sito sollecita le autorità venezuelane a fornire informazioni e a garantire i contatti con i famigliari, ritenendo che Trentini si trovi in una situazione di “gravità e urgenza“. “Il 15 novembre 2024 è stato arrestato da funzionari del Servizio Amministrativo per l’Identificazione, la Migrazione e l’Immigrazione (SAIME), e trasferito alle autorità della Direzione Generale del Controspionaggio Militare (DGCIM) con destinazione finale a Caracas. La ong (per la quale lavora Trentini) ha tentato di presentare un atto di Habeas Corpus, ma le autorità avrebbero rifiutato di riceverlo e di riferire su dove si trovasse Alberto Trentini. Ad oggi la CIDH non ha ricevuto risposta dal Venezuela”.

Il profilo – 45 anni, di Venezia, Trentini lavorava da 20 anni nell’ambito della cooperazione. Su LinkedIn si definisce un “professionista con oltre dieci anni di esperienza nei settori dello sviluppo e umanitario con Ong internazionali in Sud America, Etiopia, Nepal, Grecia e Libano“, con “esperienza comprovata nella gestione di progetti e uffici, coordinamento, progettazione e budget di proposte, risorse umane e logistica. Madrelingua italiana, fluente in spagnolo, inglese e francese”. Era in Venezuela per conto della ong Humanity & Inclusion, che lavora in una sessantina di Paesi “al fianco delle popolazioni vulnerabili, specialmente quelle con disabilità”. Laurea in storia moderna e contemporanea all'Università Cà Foscari, ha lavorato nel campo della cooperazione internazionale in tutto il mondo: fra il 2023 e il 2024, con il Consiglio danese per i rifugiati, a Barbacoas, località della Colombia. Per gli ultimi 4 mesi del 2022 invece, sempre in Colombia, è stato, per l'Ong francese Solidarités International, field coordinator; stessa mansione che ha ricoperto per Première Urgence Internationale. Tra il 2017 e il 2020, Trentini ha collaborato con l'organizzazione Coopi in Ecuador, Perù, Libano e Etiopia. Tra gli altri paesi dove ha compiuto missioni umanitarie Grecia, Nepal, Paraguay e Bosnia-Erzegovina.

L’appello delle ong – “Questa assenza di informazioni non fa che accrescere le nostre preoccupazioni,” affermano le organizzazioni della società civile Aoi, Cini e Link2007, che sottolineano che Alberto Trentini soffre di problemi di salute e non ha con sé le necessarie medicine e beni di prima necessità. Aoi (Associazione delle ong italiane), Cini (Coordinamento Italiano Ngo Internazionali) e Link2007 (Associazione di coordinamento consortile che raggruppa 15 tra le più importanti e storiche ong italiane) si uniscono alla richiesta della famiglia Trentini “di fare appello al Governo italiano affinché intensifichi gli sforzi diplomatici per riportare Alberto in Italia e garantirne l'incolumità”. Le organizzazioni ribadiscono che è “inaccettabile che cittadini italiani, impegnati a lavorare all'estero per migliorare le condizioni di vita delle persone, si trovino privati dei loro diritti fondamentali senza poter ricevere alcuna tutela effettiva dal nostro Paese. Confidiamo che le istituzioni italiane, in particolare la presidente del Consiglio e i ministri competenti, agiscano con la massima urgenza e determinazione per porre fine a questa situazione, attivando un dialogo diretto con le controparti venezuelane, per garantire – concludono – la rapida liberazione di Alberto Trentini”.

L'articolo “Silenzio del governo su mio figlio Alberto, arrestato in Venezuela e senza farmaci salvavita”. Tajani interviene sul caso del cooperante Trentini proviene da Il Fatto Quotidiano.

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